lunedì 16 gennaio 2012

Milan-Inter: la partita più attesa del ritorno di Cristo

Dopo l’affaire Tevez, condotto in modo impeccabile da Galliani (come no: talmente impeccabile che gli arabi lo stanno ancora rincorrendo per tutta l’Inghilterra), il Milan era ansioso di confermare, quantomeno, la sua supremazia sul campo nei confronti dell’Inter. Allegri, però, non era dello stesso avviso e, quindi, per avvantaggiare i neroazzurri, ha schierato Emanuelson titolare. La sfida era già segnata in partenza.

La gara, a dire la verità - se si esclude un gol regolare annullato a Motta (giustamente: uno come lui, in un derby, non può segnare) - ha regalato pochi spunti emozionanti, almeno nel primo tempo. Alvarez – l’inimitabile rickyalvarez – ci ha però regalato attimi di grande calcio, incartandosi come un bimbo alle prime armi su un pallone da spingere in rete: il ragazzo, il destro lo utilizza solo per salire sull’autobus. Capitelo.


Il secondo tempo inizia alla grande. È il 53esimo minuto: Zanetti s’invola come un giovincello a inizio carriera sulla fascia destra, cerca un’apertura insensata verso Milito che staziona dall’altro lato del campo. Il pallone sembra ormai perduto, ma è proprio adesso che accade il miracolo: Abate, ballando con le stelle (cit) con la stessa identica grazia di un cormorano abbattuto, ci da una dimostrazione impeccabile di liscio. Palla nei piedi di Milito che, signoreggiando con agio disarmante, la mette alle spalle di Abbiati. L’Inter è in vantaggio. Non ci si crede.

Ranieri non ne può più di Alvarez e lo sostituisce con Chivu (pensate che umiliazione), non prima però di avergli dato il tempo di sfanculare in rimessa laterale un tiro al volo da dentro l’area di rigore. Ha tecnica, il ragazzo. Da vendere (il ragazzo, e anche subito).

Allegri, a questo punto, ha l’illuminazione. Deve necessariamente entrare Robinho – conosciuto anche come una delle più grandi seghe brasiliane dai tempi di Marcio Santos – e dare una svolta alla partita. Entra anche El Shaarawy, tanto per provarle tutte. Ed eccoli lì, il truzzo italo-egiziano manda in crisi la difesa interista (beh, sì, non ci vuole certo Maradona) e il pallone capita sui piedi di Robinho. Due volte. La prima la spara sui maroni di Julio Cesar e la seconda non riesce nemmeno a calciarla. A quel punto, l’arbitro, nauseato, s’inventa un fuorigioco e mette fine a tale scempio. È delirio tra gli astanti milanisti che chiedono a gran voce la testa del brasiliano buono solo per le pubblicità della Nike. Donarlo alla scienza?

La partita termina, con buona pace dei telespettatori, e l’Inter – orfana di Einstein (semplicemente detto Gasperini) – è a -6 dalla vetta, dove staziona la Juve allenata dall’uomo la cui parlata strana renderebbe malsana la calma del Dalai Lama (cit): Antonio Conte. Diamine, l’avete sentito parlare? Inascoltabile.

Tornando alla partita ed effettuandone un’analisi più competente (ahaha!), possiamo benissimo dire che Abate, in fase difensiva, dovrebbe essere vietato per legge. Personalmente, direi anche in fase offensiva, ma la stampa lo pompa – al pari di De Rossi (il nuovo Gerarrd, cit), che non azzecca un passaggio dai tempi di Mussolini socialista – e lo spaccia come il miglior terzino degli ultimi 150 anni. Resta inguardabile, quasi quanto Gresko. Fatevene una ragione.

Nel finale, c’è anche tempo per un tiro della madonna di Seedorf (e te pareva) che mette alla prova i riflessi di Julio Cesar e il cuore di quel vecchietto di Ranieri.

Altri momenti indelebili sono stati scanditi dagli sputi di Ibra per tutto San Siro. È incredibile quanta saliva possa avere in corpo quell’uomo e quanto siano belli e colmi di eleganza i suoi primi piani: a ogni inquadratura, o sputa o vomita. O entrambe. Uno spettacolo (ma anche no).

Da segnalare anche una traversa spaccata da Van Bommel, con successiva acrobazia di Emanuelson (non ci si crede) dal limite dell’area, che per poco non fa crollare San Siro.

Alvarez: trequartista indecifrabile e inventiva totalmente assente. Tatticamente inutile. Palla al piede, si accentra insensatamente. Sotto porta, s’incarta. Dal limite, prima di tirare ci pensa su due e tre volte. Quando tira senza pensare, la spara a lato. Recoba era più concreto.


 
Con la rubrica calcistica, ci risentiamo a fine mercato. Nel frattempo, elogiamo tutti insieme la baldanza, l'eroismo e il sangue freddo di Robinho sotto porta. Una gioia costante per gli occhi. È tutto.

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