mercoledì 15 febbraio 2012

Sanremo 2012 - Day #1: la prima serata è già leggendaria


I quattro animatori della serata, visibilmente sconsolati.
Ride solo Morandi. Chissà perchè, poi.


Pronti, via. Parte il Festival e sembra già un remake dell’anno scorso. Luca e Paolo aprono la serata tra banalità e satira non troppo brillante. Da salvare l’imitazione di Benigni e la parte sul canone. Il resto è fuffa. Scontatissimi su Celentano. Terminano con “"La foca ha rovinato il paese", che riassume da sé la qualità dell’intervento dei due.

Finiscono, quando è sempre troppo tardi, ed entra Morandi. L’inizio è di una lentezza disarmante. Il presentatore ci illustra il Festival del 2012 e ci ragguaglia: quest’anno, ci saranno 300 giudici. O 300 automi. Per tutta la serata, risponderanno – rigorosamente in coro – solo “Siiiiii” e “Nooooo”. Dopo quasi un’ora dall’inizio, Morandi ci comunica che “ascolteremo 14 canzoni e ne verranno eliminate due”, ma ancora stiamo beatamente cazzeggiando in allegria. Alla prima pausa pubblicitaria, ancora non hanno fatto esibire un solo cantante. 

Si torna in scena e la gara inizia (dopo due ore di monologhi inutili, sarebbe anche ora). Apre le danze (cit) Dolcenera. Il brano ha un titolo che ti fa ben sperare: “Ci vediamo a casa”. Pensi: “Wow, si toglierà dai maroni”. E invece no, la canta anche. Termina, con buona pace dei nostri timpani, e Morandi – come si fa nei peggiori mercati in strada – si rivolge ai suoi 300 uomini in giuria con fare da Gerard Butler: “Siete pronti a votare?”. Ti aspetti un: “Au! Au! Au!”, ma rimani deluso. Il massimo che partoriscono – a mò di coretto della chiesa del paese – è “Noooo!”. Passano due secondi e Morandi li interpella di nuovo: “Avete votato?”. “Siiiii”. Bei momenti. Ti accorgi subito che la qualità dello spettacolo, stasera, sarà altissima.

È il turno di Samuele Bersani. Il pezzo si chiama “Il Pallone”, e lui – fresco del Master in originalità – si presenta con gli scarpini da calcio. In sostanza, l’esibizione la salverei e il testo anche. Una delle canzoni migliori della serata. Termina anche lui ed è il momento che Morandi sembra aspettare di più: “Ahò, giuria: avete votato?”. Avesse potuto, avrebbe lanciato anche un rutto per edulcorare il tutto. La giuria, interpellata, prontamente risponde: “Noooooo!”. Morandi non si rende ancora conto della gravità della situazione, lascia passare qualche secondo e domanda nuovamente con l’eleganza delle grandi occasioni: “Avete votato??”. “Noooooo”. È il panico. Spot pubblicitario piazzato ad minchiam e senza preavviso. Devono risolvere il problema tecnico. Si torna in scena. “Avete votato?”. “Nooooo!”. Daje, annamo bene.

The show must go on, anche se Bersani ancora non è stato votato (sarà per il cognome). Da notare che in tutto ciò è comparso anche Rocco Papaleo, tentando di salvare il salvabile e vestito molto meglio di Dolcenera.  Il ritmo della serata, fin qui, è paragonabile solo ad un documentario sui gladioli in fiore. E forse è ancora più lento. Il costumista, invece, sembra essere Topo Gigio.

Torniamo a noi. Sale sul palco Noemi. “Buonasera” e il pubblico: “Bravaaaaa”. Brava un corno. Ha detto buonasera e ha cantato una messa. Du’ palle così. Renga è il più sobrio di tutti. Si presenta vestito da cameriere e ci serve un rompimento di maroni unico. Di quelli epici. Arriva anche la Fornaciari, che non commento per pudore. Sono le prove generali al momento in cui il palco diventerà casa di Adriano Celentano: a suo uso, consumo, attendamento e appannaggio.  

Il punto più alto
dell'intervento di Celentano.
Arriva il Nostro e mette radici lì. Inizia con un monologo che forse non comprende nemmeno lui. Appare la Canalis. Celentano domanda: “Come ti chiami?”. Lei risponde: “Italia”. Le balle dei telespettatori arrivano a terra. Anche Celentano sembra sorpreso dalla risposta. Elisabetta, carissima Elisabetta: di chi diavolo è stata l’idea di far interpretare a te – che di italiano conosci massimo due parole e le dici anche male – l’Italia? Di chi? D-i C-h-i?!

Il cameo della Canalis termina. L’esibizione di Celentano guadagna un altro (s)gradito ospite: Pupo. È il momento più basso del Festival e della televisione degli ultimi 150 anni. Il programma ha sicuramente perso almeno la metà degli ascolti dal momento in cui Pupo si è alzato dal pubblico ed è arrivato al palco. Migliaia di telespettatori che, fortunatamente, non hanno assistito allo scempio che ne è seguito poco dopo.Iniziano a recitare, a modo loro: male. A nessuno sembrava importare che c’erano dei cantanti che dovevano esibirsi. L’idea alternativa, in quei momenti, era fare cantare qualcuno di essi. Pupo va via, Celentano canta (fugace apparizione di Battiato da un oblò, si annoia un po’), poi riparte con un altro monologo. Li sfrangia di brutto. I cantanti tentano il suicidio in camerino e i telespettatori iniziano ad attendere con ansia l’instante in cui andrà in onda Marzullo per essere risvegliati. Il momento è critico. Pubblicità. Si rientra. Morandi: “Dai, andiamo avanti con il Festival”. E dai, cazzo, andiamo avanti. Sarebbe ora.

Con l’alternativissimo look di chi sta per andare a raccogliere cozze, arriva sul palco dell’Ariston Emma Marrone, accompagnata dal jingle di Purple Haze di Hendrix. È la seconda morte dell’icona sessantottina: stavolta si tratta indubbiamente di omicidio colposo. In diretta mondiale. Senza un minimo di organizzazione. È la fine.
Salgono sul palco anche i Marlene Kuntz. Interpretazione che lascia perplessi, ma bel testo. Decisamente tra i migliori ascoltati fin qui. Tanto li elimineranno alla prima occasione utile. Altrimenti, Sanremo non sarebbe Sanremo.

L'agghiaccnate duetto.
Quel che accade dopo, non avremmo mai voluto vederlo. Entrano in scena Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez. Osano cantare. In playback. Steccano anche così. Sbagliano tutto. Ivana Mrazova, sostituita all’ultimo momento dalle due,  avrà sicuramente pensato a che botta di culo enorme ha avuto a non essere lì in quel momento. Fortuna che arriva Finardi. Ci salva. Canta (lui sì) e si esibisce senza sbavature. Il Festival vive un momento di dignità. Velocissimo, però. È la volta del duetto del secolo: Loredana Bertè - conciata come manco Ozzy Osbourne a Carnevale o Marylin Mason alla messa della domenica – e Gigi D’Alessio. Sembra una scenetta estrapolata da un trailer di Maccio Capatonda. Si vola alti.

Poi arriva Nina Zilli. Dal look sembra Amy Winehouse. Sfortunatamente, però, apre bocca e ti accorgi che non lo è nemmeno lontanamente. C’è anche Pierdavide Carone, accompagnato da Lucio Dalla. “Nani, nani, nani” è tutto ciò che ti resta del brano. Pensi subito a Berlusconi e Brunetta, e non è bello. Cala il tris Arisa, presentata con una sonora risata della Canalis. Si presenta con vestitino color caramello. Avrei riso anche io. L’estetica lascia a desiderare, ma l’esibizione è tutto sommato accettabile. Da salvare, sicuramente.

A questo punto, accade l’irreparabile: parte un jingle dei Pink Floyd e spuntano sul palco i Matia Bazar. Una bestemmia senza precedenti. La cantante del gruppo, intorno al collo, sembra avere un salvagente, con il quale ti verrebbe voglia di strangolarla dopo soli trenta secondi di canzone.

È il momento. Tutti gli artisti in gara si sono esibiti. Vanno decretati i due eliminati. La tensione è tanta e l’emozione è palpabile (ma anche no). Incredibile, c’è un colpo di scena: i 300 temutissimi giurati non sono stati in grado di votare. Risultato: i cantanti si sono esibiti senza apparente motivo. Parte la rivoluzione del pubblico. È mattanza. Papaleo prova a calmarli, poi gli dà ragione - “Occupate l’Ariston!” -, poi dà ragione a Morandi. Non si capisce più un beato piffero. A parte che non si vota. Erano 14 e restano 14. Stasera si esibiranno nuovamente (sai che palle), insieme alle nuove proposte (sai che palle). Ne faranno fuori quattro, però. Celentano non ci sarà (grazie al cielo), Belen e la Canalis forse neanche (grazie al cielo). È leggenda.

In sintesi. Da salvare: i jingle, Samuele Bersani, i Marlene Kuntz, Arisa, Finardi e le pubblicità piazzate senza senso. Da non rivedere mai più: tutto il resto. Soprattutto, se consideriamo che a Celentano è stato dato libero arbitrio per oltre un’ora, mentre l’anno scorso De Niro s’è dovuto accontentare di venti minuti d’intervista con la Canalis che non azzeccava una parola d’inglese neanche sotto tortura.

A domani. Se ce la fate.

Il playback alla cazzo delle due vallette.

































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