I quattro animatori della serata, visibilmente sconsolati. Ride solo Morandi. Chissà perchè, poi. |
Pronti, via. Parte il Festival e
sembra già un remake dell’anno scorso. Luca
e Paolo aprono la serata tra banalità e satira non troppo brillante. Da
salvare l’imitazione di Benigni e la parte sul canone. Il resto è fuffa.
Scontatissimi su Celentano. Terminano con “"La foca ha rovinato il
paese", che riassume da sé la qualità dell’intervento dei due.
Finiscono, quando è sempre troppo
tardi, ed entra Morandi. L’inizio è
di una lentezza disarmante. Il presentatore ci illustra il Festival del 2012 e
ci ragguaglia: quest’anno, ci saranno 300 giudici. O 300 automi. Per tutta la
serata, risponderanno – rigorosamente in coro – solo “Siiiiii” e “Nooooo”. Dopo
quasi un’ora dall’inizio, Morandi ci comunica che “ascolteremo 14 canzoni e ne verranno eliminate due”, ma ancora stiamo beatamente cazzeggiando in
allegria. Alla prima pausa pubblicitaria, ancora non hanno fatto esibire un
solo cantante.
Si torna in scena e la gara
inizia (dopo due ore di monologhi inutili, sarebbe anche ora). Apre le danze
(cit) Dolcenera. Il brano ha un
titolo che ti fa ben sperare: “Ci vediamo
a casa”. Pensi: “Wow, si toglierà dai
maroni”. E invece no, la canta anche. Termina, con buona pace dei nostri
timpani, e Morandi – come si fa nei peggiori mercati in strada – si rivolge ai
suoi 300 uomini in giuria con fare da Gerard
Butler: “Siete pronti a votare?”.
Ti aspetti un: “Au! Au! Au!”, ma rimani deluso. Il
massimo che partoriscono – a mò di coretto della chiesa del paese – è “Noooo!”. Passano due secondi e Morandi
li interpella di nuovo: “Avete votato?”.
“Siiiii”. Bei momenti. Ti accorgi subito che la qualità dello
spettacolo, stasera, sarà altissima.
È il turno di Samuele Bersani. Il pezzo si chiama “Il Pallone”, e lui – fresco del Master
in originalità – si presenta con gli scarpini da calcio. In sostanza,
l’esibizione la salverei e il testo anche. Una delle canzoni migliori della
serata. Termina anche lui ed è il momento che Morandi sembra aspettare di più:
“Ahò, giuria: avete votato?”. Avesse
potuto, avrebbe lanciato anche un rutto per edulcorare il tutto. La giuria, interpellata,
prontamente risponde: “Noooooo!”.
Morandi non si rende ancora conto della gravità della situazione, lascia
passare qualche secondo e domanda nuovamente con l’eleganza delle grandi
occasioni: “Avete votato??”. “Noooooo”. È il panico. Spot
pubblicitario piazzato ad minchiam e senza preavviso. Devono risolvere il
problema tecnico. Si torna in scena. “Avete
votato?”. “Nooooo!”. Daje, annamo
bene.
The show must go on, anche se
Bersani ancora non è stato votato (sarà per
il cognome). Da notare che in tutto ciò è comparso anche Rocco Papaleo, tentando di salvare il
salvabile e vestito molto meglio di
Dolcenera. Il ritmo della serata,
fin qui, è paragonabile solo ad un documentario sui gladioli in fiore. E forse
è ancora più lento. Il costumista, invece, sembra essere Topo Gigio.
Torniamo a noi. Sale sul palco Noemi. “Buonasera” e il pubblico: “Bravaaaaa”.
Brava un corno. Ha detto buonasera e ha cantato una messa. Du’ palle così. Renga è il più sobrio di tutti. Si
presenta vestito da cameriere e ci serve un rompimento di maroni unico. Di quelli
epici. Arriva anche la Fornaciari,
che non commento per pudore. Sono le prove generali al momento in cui il palco
diventerà casa di Adriano Celentano:
a suo uso, consumo, attendamento e appannaggio.
Il punto più alto dell'intervento di Celentano. |
Arriva il Nostro e mette radici lì. Inizia con un monologo che
forse non comprende nemmeno lui. Appare la Canalis.
Celentano domanda: “Come ti chiami?”.
Lei risponde: “Italia”. Le balle dei
telespettatori arrivano a terra. Anche Celentano sembra sorpreso dalla
risposta. Elisabetta, carissima Elisabetta: di chi diavolo è stata l’idea di
far interpretare a te – che di italiano conosci massimo due parole e le dici
anche male – l’Italia? Di chi? D-i C-h-i?!
Il cameo della Canalis termina.
L’esibizione di Celentano guadagna un altro (s)gradito ospite: Pupo. È il momento più basso del
Festival e della televisione degli ultimi 150 anni. Il programma ha sicuramente
perso almeno la metà degli ascolti dal momento in cui Pupo si è alzato dal
pubblico ed è arrivato al palco. Migliaia di telespettatori che,
fortunatamente, non hanno assistito allo scempio che ne è seguito poco dopo.Iniziano a recitare, a modo
loro: male. A
nessuno sembrava importare che c’erano dei cantanti che dovevano esibirsi.
L’idea alternativa, in quei momenti, era fare cantare qualcuno di essi. Pupo va
via, Celentano canta (fugace apparizione di Battiato da un oblò, si annoia un po’), poi riparte con un altro
monologo. Li sfrangia di brutto. I
cantanti tentano il suicidio in camerino e i telespettatori iniziano ad attendere
con ansia l’instante in cui andrà in onda Marzullo per essere risvegliati. Il
momento è critico. Pubblicità. Si rientra. Morandi: “Dai, andiamo avanti con il Festival”. E dai, cazzo, andiamo avanti.
Sarebbe ora.
Con l’alternativissimo look di
chi sta per andare a raccogliere cozze, arriva sul palco dell’Ariston Emma Marrone, accompagnata dal jingle
di Purple Haze di Hendrix. È la seconda morte dell’icona
sessantottina: stavolta si tratta indubbiamente di omicidio colposo. In diretta
mondiale. Senza un minimo di organizzazione. È la fine.
Salgono sul palco anche i Marlene Kuntz. Interpretazione che
lascia perplessi, ma bel testo. Decisamente
tra i migliori ascoltati fin qui. Tanto li elimineranno alla prima
occasione utile. Altrimenti, Sanremo non sarebbe Sanremo.
L'agghiaccnate duetto. |
Quel che accade dopo, non avremmo mai voluto vederlo. Entrano in
scena Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez. Osano cantare. In playback.
Steccano anche così. Sbagliano tutto. Ivana
Mrazova, sostituita all’ultimo momento dalle due, avrà sicuramente pensato a che botta di culo
enorme ha avuto a non essere lì in quel momento. Fortuna che arriva Finardi. Ci salva. Canta (lui sì) e si esibisce
senza sbavature. Il Festival vive un momento di dignità. Velocissimo, però. È
la volta del duetto del secolo: Loredana
Bertè - conciata come manco Ozzy
Osbourne a Carnevale o Marylin Mason
alla messa della domenica – e Gigi
D’Alessio. Sembra una scenetta estrapolata da un trailer di Maccio Capatonda. Si vola alti.
Poi arriva Nina Zilli. Dal look sembra Amy
Winehouse. Sfortunatamente, però, apre bocca e ti accorgi che non lo è nemmeno lontanamente. C’è anche Pierdavide Carone, accompagnato da Lucio Dalla. “Nani, nani, nani” è tutto ciò che ti resta del brano. Pensi subito a Berlusconi e Brunetta, e
non è bello. Cala il tris Arisa,
presentata con una sonora risata della Canalis. Si presenta con vestitino color caramello. Avrei riso anche io. L’estetica lascia a desiderare, ma l’esibizione
è tutto sommato accettabile. Da salvare,
sicuramente.
A questo punto, accade
l’irreparabile: parte un jingle dei Pink
Floyd e spuntano sul palco i Matia
Bazar. Una bestemmia senza precedenti. La cantante del gruppo, intorno al
collo, sembra avere un salvagente, con il quale ti verrebbe voglia di
strangolarla dopo soli trenta secondi di canzone.
È il momento. Tutti gli artisti in gara si sono
esibiti. Vanno decretati i due
eliminati. La tensione è tanta e l’emozione è palpabile (ma anche no). Incredibile, c’è
un colpo di scena: i 300 temutissimi giurati non sono stati in grado di votare. Risultato: i cantanti si sono esibiti senza apparente
motivo. Parte la rivoluzione del pubblico. È mattanza. Papaleo prova a
calmarli, poi gli dà ragione - “Occupate
l’Ariston!” -, poi dà ragione a Morandi. Non si capisce più un beato piffero.
A parte che non si vota. Erano 14 e
restano 14. Stasera si esibiranno nuovamente (sai che palle), insieme alle
nuove proposte (sai che palle). Ne
faranno fuori quattro, però. Celentano non ci sarà (grazie al cielo), Belen
e la Canalis forse neanche (grazie al cielo). È leggenda.
In sintesi. Da salvare: i jingle, Samuele Bersani, i Marlene Kuntz, Arisa,
Finardi e le pubblicità piazzate senza senso. Da non rivedere mai più: tutto il
resto. Soprattutto, se consideriamo che a Celentano è stato dato libero
arbitrio per oltre un’ora, mentre l’anno scorso De Niro s’è dovuto accontentare di venti minuti d’intervista con la
Canalis che non azzeccava una parola d’inglese neanche sotto tortura.
A domani. Se ce la fate.
Il playback alla cazzo delle due vallette. |
Foto setweb.it
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