Di seguito, il mio editoriale per l'FM Magazine di Giugno:
La copertura Rai delle partite di
Euro 2012 ha garantito delle cronache pregne di contenuti e misticismi vari.
Non si era mai visto (né ascoltato) un Europeo così. Si entrava nelle leggenda
già alla mattina e se ne usciva a notte fonda.
Alla Rai, vivono da sempre in un mondo incantato, con Euro 2012 hanno
aggiunto addirittura i castelli (Bacconi vive). Ricorderemo a lungo le
telecronache di Gentili e Dossena, la luce emanata da Paola Ferrari e le splendide
(ma che dico splendide: auree ed eccelse) battute di Mazzocchi, in
collaborazione con Zazzaroni (spalla inconsapevole) e persino Pannofino (ai
livelli più bassi mai toccati in carriera).
Già ad inizio torneo, la Rai ha messo le cose in chiaro, dando un antipasto della qualità con la quale l’Europeo in Polonia e Ucraina ci sarebbe stato raccontato. Il momento è quello di Danimarca – Olanda: D’Amico perde l’aereo e lascia Bezzi da solo in cabina di commento. Novanta minuti di incessante martellamento in solitaria sui maroni. Si parte alla grandissima.
Già ad inizio torneo, la Rai ha messo le cose in chiaro, dando un antipasto della qualità con la quale l’Europeo in Polonia e Ucraina ci sarebbe stato raccontato. Il momento è quello di Danimarca – Olanda: D’Amico perde l’aereo e lascia Bezzi da solo in cabina di commento. Novanta minuti di incessante martellamento in solitaria sui maroni. Si parte alla grandissima.
Più in basso di così, non si può
scendere. L’abbiamo pensato tutti, ma la Rai ci ha stupito ogni partita di più
e ha cominciato a scavare. Il pezzo forte, è stata indubbiamente la pronuncia
pressoché perfetta dei nomi stranieri: Joe Parkr (esclamato all’uscita dal
campo dell’inglese Scott Parker);
Rruayhaxon (l’incolpevole Roy Hodgson, pronunciato come una qualsiasi imitazione
dei Rayban); Swuengstaker, nel secondo
tempo corretto (?) in Uhan Staiker (capisco le difficoltà nello scrivere Schweinsteiger,
ma pronunciarlo dovrebbe essere più
semplice); Fabras (che non è il cugino
greco di Fabregas, ma è proprio Fabregas); Peppe (Pepe); Naier (Neuer); Craas
(Kroos); Xavier (Xavi); John Henderson (Jordan, magari); ww..wk..lw… huhelbak (non è un grido d’aiuto,
è solo Welbeck); il grandissimo Uerruni (a orecchio, dovrebbe essere il cugino
siciliano di Wayne Rooney), Stekelengur (daje); Yeng (quel cinese di Young);
Bashtube (che non è un nuovo sito di video porno, ma è solo Badstuber). Sorvolo
- con somma bonomia - sui nomi polacchi, la cui pronuncia è sbagliata persino dai
polacchi stessi, ma apro parentesi sui facili (all’apparenza) nomi italiani.
Vediamone un paio: Damiano De Rossi (sarà
lo zio); Monpirlo (fu-sio-neee, cit); Nocerini (e quanti sono?); Montolivio (va
bè); Cicci Buffon (in intimità, la Seredova probabilmente lo chiama Cicci);
Andrea Balzaretti (e magari anche Ignazio Chiellini) e il grande Mario
Prandelli, anche detto Cesare Brandelli (se proprio lo si vuole azzeccare al
99%).
Ma non è tutto, c’è di più. Molto
di più. Accadono cose strane anche in campo: c’è un Maggio che si crossa il
pallone da solo (“Maggio crossa per Maggio”, lo ricorderò per il resto della
vita e, probabilmente, me lo farò tatuare sul petto); un “De Rossi sui carponi
ardenti” (neanche a immaginarle, certe scene); un Buffon che “prende le palle
coi pugni” (questa, se la immagini, ti fai male); un “gol di Montolivo fuori”
(non so se esultare, piangere, o fare entrambe le cose: non sono preparato ad
un evento del genere); gli inglesi che diventano inglesi (“i giocatori inglesi
sono diventati inglesi veramente”, sembra divertente); i Russi che tornano
Sovietici (tuffo a piè pari negli anni ’80); i messaggeri (di bordo? Di pace?
Di luce? Di Dio?!) che vanno a chiamare Giovinco; Srna che fa “dello STRACCING”
(c’mon!); Menez che diventa Mexes (“Ci sta”, commenterebbe D’Amico), ma che poi
viene scambiato per Diarra; Pirlo che diventa Balotelli (ci vuole talento);
interventi “a sandwich doppio” (Gianni Bezzi c’è, ed è al Mc Donald’s); tiri
“di taglio a giro di piatto dritto” (ho le vertigini); palla che “non arriva
dritta come parte, ma ondeggia” (ho il mal di mare); e, per finire, il
misterioso tiro di Fabregas (che però era Arbeloa, salvo mezzora dopo scoprire
che invece si trattava di Jordi Alba) e la prodezza di Podolski che “colpisce
bene a vuoto” (ma colpisce bene, sia chiaro).
Spazio anche alle irrinunciabili
curiosità: "Giroud, unica punta di ruolo a disposizione della
Francia" (nei miti dell’estate Benzema è morto, semi-cit); “Nella difesa a
quattro uno si stacca e due coprono” (il quarto va a prendere da bere per tutti);
"Pepe, voluto fortemente al Real da Mourinho" (così fortemente, che
Mourinho era ancora all’Inter quando Pepe arrivò al Real); "Santi Cazorla,
giocatore di contenimento" (che regista, invece, quel Busquets); “Se la
palla è 20 metri dietro di te, tu fanne 10 in avanti” (Dossena filosofo
contemporaneo); “De Rossi ha fatto contrasti diretti e contrasti indiretti” (in
quelli indiretti, ha lanciato Marchisio contro l’avversario); "4-3-1-2
fluttuante" (2012: Europei nello spazio); “Se non c’era l’avversario era
gol” (Dossena uber alles); “Abbiamo trovato le chiavi” (sì Dossena, adesso metti
in moto e vattene).
Personalmente, però, sono rimasto
favorevolmente impressionato dalle statistiche che sciorinano ad minchiam con sapienza
crassa. In particolare, il mio idolo è e rimane Enrico Varriale, che ci rasserena
tutti e ci ricorda: “L'Italia non perde una partita negli Europei o Mondiali
dall’88. Al massimo ai rigori, ma mai nei 120 minuti". Certo, come un po’
tutti, io ho ancora in mente il quinto rigore di Trezeguet ad Euro 2000, il
quarto rigore di Ahn in Corea nel 2002 e, soprattutto, i serratissimi rigori
del 2010 - nella fase a gironi del mondiale in Sudafrica - contro la
Slovacchia. Momenti che restano impressi nella mente, Enrico.
Fortuna che c’è quel bischero di
Marco Mazzocchi che ha sempre la battuta pronta. Dopo un filmato in cui il suo
collega Amedeo Goria abbraccia prima Trapattoni e poi Prandelli, Marco la butta
lì: “Amedeo abbraccia tutti, come nel film Lola bacia tutti”. Andate a
dirglielo voi che quella era Viola, io getto la spugna.
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